Fratelli e sorelle


Guardare l'altro per trovare noi stessi

Condividono parte del corredo genetico, abitano lo stesso utero, si conoscono fin dalla nascita; sono i fratelli e le sorelle, creature coinvolte in un legame talmente unico da essere, oltre che oggetto di studio da parte di psicologi e pedagogisti, protagonisti di numerosi film e altrettanti libri di ogni genere, tra cui la Bibbia. Come infatti non pensare subito a Caino e Abele, uniti da una fraternità finita in tragedia. In psicologia si chiama Complesso di Caino l’intricato stato emotivo che si genera tra fratelli in conseguenza della rivalità e dell’invidia dell’uno verso l’altro. Senza addentrarmi in dettagli specifici che solo l’esperto conosce, posso comunque affermare che le relazioni tra fratelli e sorelle, pur essendo complici e nutrienti, nascondono notevoli criticità. Sono molte le emozioni in gioco, molti i non detti e gli adattamenti da mettere in atto per accogliere tale legame con genuinità. Tuttavia restano affetti indissolubili che persino quando sembrano essersi spezzati, continuano a intrecciarsi e a bruciare, al pari di ferite aperte.

Tali affetti hanno sempre destato grande interesse a livello scientifico e culturale diventando spesso per scrittori di ogni epoca e luogo, di ogni genere e religione, terreno floridissimo dove piantare i semi della scrittura. Non mancano gli esempi in mitologia, pensiamo a Osiride e Seth, a Romolo e Remo e alle favole con Hansel e Gretel, i tre porcellini, Cenerentola, storie ricche di simbologia e di significati nascost


Perreault e i Grimm

È interessante notare che nelle due versioni più famose di Cenerentola, ovvero quella dei fratelli Grimm e quella di Perreault, vi sono delle discrepanze su alcuni aspetti della storia, come ad esempio la descrizione e il destino delle sorellastre. Nella versione dell’autore francese le due sono brutte e crudeli e la povera Cenerentola, nonostante i soprusi da esse ricevuti, resiste, conquista la vittoria e le perdona preoccupandosi anche per il loro futuro.

Per i fratelli Grimm, invece, pur essendo ugualmente crudeli, le due sorelle sono bellissime e Cenerentola non sarà indulgente con esse le quali finiranno accecate dagli uccelli ovvero punite con tanta crudeltà quanto crudeli sono state loro. La versione di Perreault è edulcorata, ricca di grazia e benevolenza, un inno alla purezza d’animo e al non arrendersi mai neppure davanti agli ostacoli maggiori. Le sorellastre sono il mezzo attraverso il quale la figura di Cenerentola può mostrare tutta la sua bontà, così grande al confronto della malvagità delle sorelle che simboleggiano la parte oscura, il male che, in lotta con il bene, perde. Esse incarnano perfettamente il suo opposto perciò sono brutte, stupide e malvagie. Per Perreault quindi non ci sono vie di mezzo, o siamo buoni o siamo cattivi; i cattivi soccombono e invocano il perdono, i buoni vincono e assolvono.

Nella versione dei Grimm invece, Cenerentola è un essere umano vero e proprio e in quanto tale portatrice di pregi e difetti. Non è più bella delle sorelle e non è neppure più buona perché appena ne ha l’occasione, non considerando il perdono una strada percorribile, le abbandona al loro meritato destino. Cenerentola è così il manifesto dell’umanità, caratterizzata da uno Yin e uno Yang per dirla alla cinese, dove l’opposto non è assoluto ma sempre “inquinato” dal seme dell’altra parte.

Perreault fa luce sulla parte migliore del rapporto sororale, un artefatto che permette l’assoluzione quando necessario e fornisce un cerotto per le ferite che, se pur enormi, non possono in nessun modo intaccarlo. I Grimm invece denunciano il diritto a recidere del tutto il legame quando è solo portatore di sciagure e dolore. Non si porge l’altra guancia, anzi, ci si vendica perché siamo buoni ma fino a un certo punto. Siamo umani.

Allora mi chiedo: esiste davvero la possibilità di rompere del tutto il legame fraterno? Esiste un bianco o un nero o siamo tutti inquinati dall’altro noi? E se esiste una parte peggiore, è nei nostri fratelli e nelle nostre sorelle che la vediamo riflessa?

Fratelli e sorelle nei romanzi

Pare che scrivere di legami fraterni richieda una certa conoscenza di essi. Lo ha fatto Jane Austen, ispirandosi al rapporto viscerale che aveva con sua sorella Cassandra dando vita alle sorelle Dashwood di Ragione e sentimento o alle sorelle Bennet di Orgoglio e pregiudizio. Lo ha fatto Virginia Woolf, in numerosi romanzi, grazie a sua sorella Vanessa, sua musa ispiratrice, e via dicendo. Verrebbe da domandarsi allora se sia davvero così indispensabile avere dei fratelli o delle sorelle per scrivere un libro su di essi in modo credibile.

Mi sento di affermare che non sia così se si è degli abili scrittori che sanno scrivere anche di ciò che non hanno mai vissuto. Ce lo conferma l’ultimo lavoro di Emiliano Gucci, Le anime gemelle, uscito per Feltrinelli nell’aprile 2021. Gucci, pur essendo figlio unico, è riuscito a raccontare il legame fraterno in modo vero e sincero, partendo dal più complesso e speciale di questo tipo di legame, ovvero quello tra gemelli.

Il romanzo racconta la storia di due coppie di gemelli, di quattro anime che tentano di ritrovare la propria identità e il completamento del proprio essere e per farlo sono costrette a intraprendere strade tortuose piastrellate di dolore.

Le anime gemelle è tuttavia un romanzo che va oltre la gemellarità poichè scava nel profondo dell’animo umano per mostrare senza veli la continua lotta interiore che ci caratterizza come essere viventi; racconta d’amore e di odio, di necessità e indifferenza, di prendere e dare, di condannare e perdonare in una perpetua dicotomia che può portare all’autodistruzione. Tutti lottiamo per la nostra identità, per aver chiaro e mostrare agli altri chi siamo veramente, ma spesso rimaniamo ingabbiati nell’inganno, negando il nostro opposto per non contaminarci l’anima.

Quanto può essere ardua questa lotta interiore? E quanto ancor di più lo può essere avendo un gemello ( stessi occhi, stessi capelli, stessa bocca) che incarna proprio ciò che non desideriamo essere?

Ecco cosa ha fatto Gucci: ci ha messi davanti alla nostra antitesi e ci ha ordinato di mescolarci, di mescolare il nero con il bianco e accettare il grigio. Ci ha costretti all’esame di noi stessi parlandoci di gemelli, nei quali l’anima si spezza in due e si affanna per rimanere spezzata pur sentendosi incompleta e ingiusta, mostruosa e sfibrata. La simbiosi a cui è abituata è una maledizione che si fa asfissiante, nella quale non c’è mai un equilibrio perché esiste sempre una parte che dà di meno e una parte che compensa. Eppure, per essere uno bisogna essere due, anche se fa male. Quella simbiosi è necessaria affinchè l’anima smetta di soffrire; solo riunendone i pezzi e mescolandoli tonerà il respiro. Uno in due, due in uno. Pezzi, miscuglio, accettazione, rifiuto.

C’è il giorno e poi c’è la notte. Nel mezzo ci sta il tramonto, che è la parte migliore di tutto.

…Sono dell’idea che Gucci tifi per i fratelli Grimm, e di certo anche io.

G. A.

Jane Austen